La resistenza ad un doppio abbandono, la complessità dei rapporti, le madri, le sorelle. Donatella Di Pietrantonio, vincitrice del Premio Campiello 2017, è a Lanciano con il suo ultimo meraviglioso romanzo pubblicato da Einaudi, L’Arminuta. Ospite delle Associazioni Maria Luisa Brasile e I colori dell’iride, con il patrocinio del Comune di Lanciano, ci narra una storia tutta abruzzese, dove la protagonista è l’Arminuta, la ritornata. “Parlavo un’altra lingua e non sapevo più a chi appartenere. Invidiavo le compagne di scuola del paese e persino Adriana, per la certezza delle loro madri.” Perché una madre affida la propria figlia di pochi mesi a sua cugina? E perché dopo tredici anni la ragazza viene rimandata alla sua famiglia d’origine? Intorno a queste domande si avvolge la sua vita e coinvolge il lettore nei drammi, gli strappi, i retroscena dei legami familiari.
Invitata a Lanciano, l’autrice abruzzese ha presentato il libro insieme alla giornalista Francesca Piccioli e alla psicoterapeuta Cecilia Natarella che ne ha fornito una lettura psicoanalitica su un piano di meta contesto, regalando al numeroso pubblico intervenuto un pomeriggio di acute e stimolanti riflessioni. L’Arminuta è ambientato in Abruzzo e in ogni luogo. Racconta una storia che prende spunto dalle tante storie ascoltate nell’infanzia dall’autrice accanto al focolare, scritta per non farla smarrire. La protagonista, una ragazzina di tredici anni, si consegna al lettore senza nome. Essenziale nella sua autenticità, bussa alla porta di una casa a lei sconosciuta, dopo aver perso in un istante tutto ciò che aveva: il luogo dove era cresciuta, le amiche e coloro che credeva essere i suoi genitori. Fra i temi affrontati nel corso della presentazione lancianese: il tema dell’accudimento materno che ricorre sempre nelle opere di Donatella Di Pietrantonio e le caratterizza, il valore della “sorellanza”, il linguaggio corporeo, con cui i protagonisti dell’opera incontrano le paure più strazianti, lo sradicamento, la colpa, l’appartenenza, la costruzione dell’identità, la fratellanza, il rovesciamento dei ruoli e l’uso del dialetto definito “una lingua senza filtri che appartiene all’inconscio, non ha parole per ciò che è astratto ma per ciò che è reale”.